Psicoterapia e perdono
Psicoterapia e perdono- Obbligare la norma al perdono
Marco vinicio Masoni
5 agosto 2016
questo l'indice:
Prima parte: il terapeuta
Lontani antenati
Psicoterapia
Definizione
Creatività
Le ragioni dell’altro oggi
Il contesto di Procuste
La metafora dell’artista e lo psicoterapeuta
Come non fare diagnosi
Elogio dell’io diviso
Seconda parte: il rapporto col potere
Come superare i paradossi
Se dire è sempre un fare
Politica o logica?
La logica è un fatto relazionale e si alimenta con le alleanze
La domanda
La domanda retorica
La domanda implicita
La torre di Babele
Terza parte: le grandi illusioni
Ripetizione ed esistenza
L’effetto placebo e la legge di Thomas
Quando illudendoci di spiegare annoiamo
Quarta parte: obbligare la norma al perdono
Il diritto ingiusto
Nascita della logica
La ribellione del verosimile
Prescrizione del sintomo e doppio legame
Soggetto e oggetto
Ringraziamenti
Prime recensioni e risposte:
Ricevo questa bella recensione critica da un lettore di "Psicoterapia e perdono":
Ieri sera ho finito di leggere il libro. Ora potrei fare come il vecchietto che dopo aver ascoltato rapito un oratore commenta: non ci ho capito nulla, ma come parlava bene!
Non è proprio così e un paio di cose le posso dire senza per questo ergermi a critico.
Prima di tutto ho trovato fuorviante il titolo. L'ho cambiato e tutto mi è parso più chiaro. Con questo non voglio dire che non sia pertinente ma per un ignorante come me di psicoterapia c'è poco, di perdono altrettanto. Allora l'ho titolato LA FILOSOFIA E IL PSICOTERAPEUTA. Sottotitolo uguale e tutto mi è parso più chiaro. Si fa per dire. Un'altra osservazione riguarda il target di riferimento del libro. Se è destinato ai suoi universitari lo capisco: linguaggio da iniziati, stimolante per i riferimenti bibliografici. La chiave di lettura per un non iniziato come me, oltretutto senza vocabolario, sarebbe questa: cari ragazzi io ho fatto il grosso del lavoro ora tocca a voi approfondire. E' sottinteso il poi verifico. Insomma un libro ad usum delphini. Cioè lui. Se invece è destinato agli psicologi ho seri dubbi sulla sua diffusione. Comunque l'ho letto volentieri immaginando la faccia degli psicologi e psicoterapeuti "col manuale o prontuario in mano". Un'ultima notazione sulla bibliografia così ampia da apparire quasi narcisista ma, a volte, più interessante del concetto che si vuole sostenere e dimostrare. Ora torna il sole e finisco di litigare col tablet per prenderne un po'. Più acqua in queste vacanze che in tutte le altre messe assieme. G.T.
Marco Vinicio Masoni /react-text react-text: 44 /react-text E io sono d'accordo. Il primo titolo era "La granata del terapeuta". Dal doppio senso. la granata esplode, ma è anche il nome toscano delle vecchie scope di saggina. Scartato perché troppo bello. Il titolo che propone Lei invece mi piace moltissimo, non l'avrei utilizzato perché oggi si ritiene che sian filosofi soltanto i laureati in filosofia, e io non lo sono. La bibliografia è intenzionalmente povere di libri "psicologici" e assolutamente priva di manuali accademici. Il libro infatti è destinato a chi legge altri libri oltre quelli che da studente è obbligato a leggere dai suoi docenti. Riguardo al target: è un libro per me e per gli amici , se ne vendo una quindicina sono contento. Destinato invece a un più vasto pubblico ( e quindi scritto in altro modo) è "Ragazzi che odiano la scuola" che mi piacerebbe leggesse. Grazie, un caro saluto. MVM
Marzia Sellini /react-text react-text: 90 /react-text Io lo sto trovando un libro per chi non s'accontenta, un libro per inquieti d'animo, per chi vuol far ritorno alle origini, ha sete di sapere e nonostante tutto ha bisogno di verità, per chi sa dell'illusione, delle verità perdute, vive di disincanti e sa ridere e volare. Per spiriti leggeri. Un libro per chi vuol capire, vedere chiaro, pensare, con la sua testa, vuol navigare in autonomia e poi s'accorge che è già anche pensato da altri, e non si sente più solo. Un libro per chi desidera strappare all'altro un sorriso in questo mondo e restituire dignità. Difficile ciò possa accadere in Accademia. Ricordo ancora le lezioni in molti seduti per terra a Psicologia. Ricordo le lezioni monologo della docente di colloquio con centinaia di studenti. Ricordo slide e grafici. Li non si vuol insegnare a pensare. Sono rari gli insegnanti illuminati. Quindi direi non un testo per la massa.