Una prof in un convegno di psicologi interazionisti

“Cosa ci vado a fare io, insegnante di francese, ad un convegno di psicologi ?”
In macchina quella mattina, sulla strada per Montegrotto, non ero più tanto sicura della decisione che avevo preso. Oltre tutto la collega che avrebbe dovuto venire con me aveva dato forfait all’ultimo minuto.
Eppure non avevo esitato un attimo quando avevo appreso che ci sarebbe stato, per la prima volta, un convegno che faceva il punto su trent’anni di interazionismo in Italia.” Tutti grossi calibri” mi aveva detto chi li conosce bene .
Volevo saperne di più, capire meglio, cogliere il primum movens di una corrente che mi aveva fatto “cambiare” idea sulle psicologia e sugli psicologi, per lo meno su coloro che appartengono a questa corrente teorica. Aria nuova, non il solito psicologismo…
Mi attirava anche l’idea che mentre solitamente è lo psicologo ad entrare nel mondo della scuola e degli insegnanti, ora fossi io, insegnante, ad andare a mettere il naso nei loro segreti professionali.
La sensazione di spaesamento era calcolata. Se fossi stata chiamata a partecipare, avrei dichiarato la mia “provenienza”…E poi, avrei potuto anche sottrarmi, saltare qualche relazione, non avevo nessuno obbligo.
…. Due giorni intensi, ma nessun desiderio di saltare o di fare pause.
Subito la sorpresa di sentir dichiarare, ad una platea composta in gran parte da studenti e specializzandi, le difficoltà degli sbocchi lavorativi ed il numero sovrastimato dei futuri dottori in rapporto alle richieste del territorio. “Questi non vendono illusioni - mi sono detta - mi piace, sono onesti”
Poi il rimpianto per un maestro, forse il Maestro, vero, profondo, a tratti quasi commosso, proprio perché intimamente sentito. Raramente accade.
Si susseguono le relazioni, indicate come “I casi” ma che restavano, vive nei racconti dei relatori, le persone che li avevano ispirati. Coglievo profondamente la scintilla che mi aveva fatto innamorare di questo approccio: il rispetto per la persona.
E come non sentirsi a casa io, docente di lingue quando si è parlato di linguaggi multipli e performativi, di sinestesie e di interpretazioni che cambiano nei contesti relazionali?
Poi, più direttamente, quel richiamare le difficoltà, sempre maggiori, del mondo della scuola e delle relazioni che vivo, intensamente , “di pancia” come è stato detto. Parole che conoscevo, del mio Maestro, che mi sorreggono tutti i giorni. Bello sentirle, tutti i giorni . Potrei continuare…
E lo spaesamento ? Mai provato. Anzi.
Come avrei potuto, io, prof. della vecchia guardia, trovarmi spaesata ad un richiamo così forte ed intenso fatto da uno dei Maestri ai tanti ragazzi attorno a me, a lasciar da parte i testi accademici per tuffarsi nelle lettere, quelle con la elle maiuscola, nei romanzi e nelle espressioni più variegate della cultura, quella con la C maiuscola. Così come nella Vita. Perché lì trovi. “E’ tutto già pronto, lì fuori”suggerisce, quasi timidamente una relatrice, penso la più giovane.
E così il cerchio si chiude

….. Arricchita, in tutti i sensi.
Non sarà forse che per formarsi occorra investigare territori nuovi?