Un successo dell'amico Marco Moschini

Moschini Marco Moschini ci manda questa bella lettera che volentieri pubblichiamo, ma non basta , negli stessi giorni  ci è giunta la lettera di una mamma che dice di dovere molto al suo libro. Pubblichiamo anche quella.
Complimenti Marco:

Caro Marco,
ho il piacere di comunicarti (con una certa emozione) che i complimenti che  hai fatto a suo tempo al mio volumetto "Non ci provare a prendermi in giro!" sono stati di buon auspicio, infatti è stato inserito da Associazione Italiana Editori, Associazione Italiana Biblioteche e "Nati per leggere", tra i 100 libri "imperdibili" per la formazione di bambini e ragazzi, come risulta dal link che ti scrivo qui sotto: 

http://www.aie.it/Amochilegge/ILPROGETTO.aspx

Approfitto per dirti che da qualche giorno ho costruito un mio sito web: è poca cosa ma c'è molto di me. Se vuoi visitarlo, ecco l'indirizzo:

www.marco-moschini.it

Un saluto caro. Marco Moschini


E ora la lettera della mamma:

Alle Maestre Giovanna e Giusy di 4° A

 

“Quello che un bambino pensa di sé

dipende in gran parte da ciò che legge negli occhi degli altri,

nei quali si rispecchia e si riconosce.

Allora è lo sguardo degli altri, nei suoi confronti,

che va educato, curato e coltivato” (Marco Moschini)

 

 

 

 

Ho copiato questa frase che tengo appesa in cucina. Frase che ho fatto mia. Che mi ha colpita per la sua semplicità e per la sua pienezza e verità.

Io sono nata negli anni 60, provengo quindi dal periodo in cui la scuola non chiedeva la collaborazione dei genitori. Periodo in cui se tornavi a casa col grembiule sporco di sangue perché la suora alla materna ti aveva picchiata non veniva lontanamente in mente ai genitori di fare una qualsivoglia lamentela. Si accettava tutto, anche la prepotenza e l’ingiustizia. I genitori accettavano, subivano, con doverosa stima e senso di inferiorità ogni parola, gesto delle insegnanti.

Fortunatamente il mondo è cambiato, si è evoluto e in parte la scuola con sé.

Ho accompagnato i miei figli a scuola, fiduciosa e piena di speranza per il nuovo mondo che li attendeva. Ho cercato di essere, come meglio potevo, una mamma presente ed attenta.

L’esperienza si ottiene vivendo, crescendo un figlio ho imparato che non tutto è definitivo. Ho imparato che se i figli sono due,tre o più avrai due, tre o più modi di essere genitore, mettendoti sempre alla prova ed imparando daccapo.

Ho sbagliato pensando che con Francesco sarebbe andato tutto come con Manuele. Purtroppo è l’errore che si fa da genitori. Se il primo cammina a dodici mesi pare strano che l’altro non lo faccia e via discorrendo con tutte le varie tappe importanti della loro crescita.

Francesco è completamente diverso dal fratello, in ogni cosa, a partire dai colori!

Forse proprio noi adulti (e mi inserisco in questo gruppo!) non siamo in grado di vedere nella differenza un’opportunità!

Ci aspettiamo, sia come genitori che come insegnanti, che i bambini rispondano ad uno schema e quando questo viene meno ci troviamo spiazzati e possiamo solo accusare e forzare la mano.

Ho partecipato ai colloqui individuali per Francesco sempre con un peso sul cuore. Entravo fiduciosa ed uscivo distrutta, a terra e piena di sensi di colpa per l’aver cresciuto un teppista, futuro bullo, irrispettoso e senza regole.  E’ successo ancora l’ultima volta.

Ho castigato e sgridato  Francesco duramente, per le frequenti note, i frequenti richiami. Per la sua incapacità di essere come “doveva essere”, come le insegnati mi chiedevano che fosse.

Io e mio marito ci siamo analizzati, incolpati, arrabbiati ma tutto procedeva come sempre senza nessuna cambiamento.

Poi  il colloquio con la psicologa;  Il colloquio con la maestra Rachele; il dialogo con altri genitori; l’informazione,la lettura e anche la frase di Moschini mi hanno aperto una finestra. Forse c’è un modo diverso per vedere le sue ragioni! Forse continuando ad incollargli addosso questa etichetta di disturbatore non facciamo altro che tirare su un muro che poi sarà impossibile abbattere .

I bambini diventano proprio quello che noi gli appiccichiamo addosso come critica e nomea.

C’è un altro Francesco. Che io conosco bene, ed è il bambino sensibile che si preoccupa di chi vede solo, che non dorme la notte per il pensiero dei bambini sotto alle macerie del terremoto, che si sveglia di notte per chiedermi come sto dopo un malessere. Che fa ancora la pipì a letto. Questo è anche Francesco, Un bambino insicuro e ansioso che ha bisogno sempre di un piano di una tabella di marcia per non sentirsi sperso. Dà fastidio e a volte è faticoso ma è così. Ma forse  non lo si vuole vedere.

Non ho mai sentito un apprezzamento, uno che fosse uno. Ogni volta è un massacro di difetti che io riporto a casa come un peso enorme. Ma che non mi aiuta e che, l’ho capito tardi, non aiuta per niente lui!.

Francesco, come ogni bambino, ha bisogno di amore, di accettazione. Non ha bisogno di sentirsi sempre accusato. (hai rotto la penna, hai chiesto l’orologio rosso, il prosciutto…)

So com’è fatto. Non nego niente e non credo che voi inventiate le cose. Assolutamente! Conosco bene mio figlio e so quanto sia faticoso a volte. Ho sempre ascoltato ogni vostra lamentela, sempre.

Agli ultimi due colloqui mi avete ripetuto questa frase : “questo bambino va aiutato”. Sorvolando sulla pesantezza che questa frase scarica addosso a chi la riceve, mi viene da dirvi ora : noi a casa lo stiamo facendo, ci proviamo. Ma a scuola?? Per quanto riguarda noi a casa dei passi li facciamo, ma a quanto pare a scuola in quattro anni non ne ha fatto nemmeno uno. Ma né io e né mio marito siamo a scuola.

Mi avete chiesto collaborazione. Io mi  chiedo cosa significa collaborazione? La collaborazione si dà quando l’obiettivo è comune! E per me e mio marito  l’obiettivo deve essere la crescita di Francesco, la sua accettazione pur nelle cose che noi vediamo diverse, la fiducia in lui e l’ascolto. Mi chiedo ora se abbiamo lo stesso obiettivo.

Ex ducere significa “tirare fuori”. Ed è proprio da lì che deriva la parola educare. Quindi non è forse compito di un educatore tirare fuori da ogni bambino qualità, talenti, predisposizioni, intuiti, vitalità, voglia di imparare e quant’altro un bambino nella sua infinitezza  possa riservare?

Se diversamente invece  si vuole intendere che il lavoro dell’insegnante sia  solo immettere  un’infinita dose di nozioni nelle teste dei bambini senza “tirare fuori” altro, allora è un altro discorso. Allora non mi aspetto altro e non credo di poter collaborare oltre.

Francesco ieri è tornato a casa con un’altra nota perché non se la sentiva di lavorare dopo aver detto che aveva mal di testa. Alle 16,30 quando l’ho ritirato da scuola aveva la febbre a 39°.

E’ questo che intendo quando parlo di fiducia e ascolto. Forse un interesse maggiore nei suoi confronti ed un po’ di fiducia avrebbe portato ad un altro esito: avreste potuto  credergli, avvisarmi telefonicamente e lasciarlo a riposo per una mezz’oretta in attesa della campanella.

Ma siccome si tratta di Francesco è tornato a casa con la febbre, una nota e l’idea che lui non sia una persona che merita rispetto e ascolto.

Per quanto mi riguarda questa non è collaborazione.

 

Vi ringrazio per l’ascolto

 

aprile 2013