Relatività della "follia"

Nel 1704 viene internato a Sain Lazaire un certo abate Bargedè; ha settant’anni; lo si è rinchiuso [ in manicomio] perché sia”trattato come gli altri insensati”; “la sua principale occupazione era di prestare denaro ad alto interesse e di rincarare la dose con le usure più odiose e più eccessive a discapito dell’onore  del sacerdozio e della Chiesa. Non si è potuto ancora convincerlo a pentirsi dei suoi eccessi né a creder che l’usura sia un peccato. Egli si fa  un onore di essere avaro”. E’ stato del tutto impossibile “scoprire in lui alcun sentimento di carità”. Bargedè  è insensato […] non perché ha perduto l’uso della ragione, ma perché, malgrado sia uomo di Chiesa, pratica l’usura, perché non dimostra nessuna carità e non prova alcun rimorso, perché  è caduto ai margini dell’ordine morale che gli è proprio. Ciò che si tradisce in questo giudizio non è  l’impotenza a portare a termine un decreto di malattia; non è neppure una tendenza a condannare moralmente la follia; ma il fatto essenziale […] che la follia diviene […] percepibile nella forma dell’etica.
Foucault