presente e passato
Qualcuno forse ricorda un breve dialogo fra padre e figlia riportato mesi fa su questo sito e ora ricollocato all'inizio dei testi recenti (per chi volesse rivederlo). La figlia invitata dal padre a fare qualche osservazione sugli spostamenti di una statuetta di porcellana giungeva a una luminosa conclusione: Cavoli, vedere è ricordare!
Su quel breve scritto ho avuto numerosi commenti, spesso divertiti, ma qualcuno, recentemente, mi ha anche detto: Beh, e allora?
E allora mi affido a Giorgio Colli (questo, qui di fianco, è il suo volto) , citandolo da "La ragione errabonda", Adelphi. La citazione è lunghetta e spero che l'Adelphi non se la prenda. Le evidenziature sono nostre.
"Se il passato ha minore realtà del presente, almeno per chi vive il presente, allora anche il conoscere è meno reale dell'immediato sentire, poichè ogni conoscenza è fatta di parole, ricordi, concetti, la cui origine è per noi nel passato. Un soggetto rappresenta a se stesso qualcosa: è pur questo il conoscere. Ma ciò riporta indietro a un tempo passato, in cui il qualcosa non era ancora rappresentato, e da cui è stato preso per poter essere rappresentato. Un presente che prescinda dal conoscere è quasi impensabile: ciò che si vive direttamente è anche conosciuto, benchè tale conoscenza sia una sovrapposizione di strumenti elaborati dal passato. La vita nella sua immediatezza, cioè il vero presente, senza coesistenza del conoscere, è soltanto sonno profondo, come sapevano gli Indiani, o estasi mistica in cui si chiudono le porte dei sensi, oppure lo stato interiore che precede l'intuizione artistica"
da Giorgio Colli, La ragione errabonda, Adelphi edizioni S.p.A. , Milano, 1982, pag. 271