la ragione
La ragione è il discorso della costrizione, di fronte al più antico discorso poetico, che è quello della suggestione, o al di poco posteriore discorso retorico, che è della persuasione. Il segno della necessità sta alla radice dell’espressione razionale, e la natura stessa della necessità è appunto il comandare.
Ma comandare non ha senso, se non c’è qualcuno che possa obbedire. Quindi la sfera della comunicazione, tale da accogliere come arbitro soltanto il giudizio della violenza, è la condizione nativa per il configurarsi della facoltà di ragione. L’accettare un’espressione da parte di chi subisce un comando, solo dopo di aver combattuto con ogni energia contro di essa, di chi è sopraffatto da una violenza inarrestabile, è per il greco il criterio di ciò che è giusto chiamare necessario.
Ciò che noi moderni diciamo “universalmente valido” , a caratterizzare i risultati della ragione più pura, della scienza esatta ad esempio, ha questa origine.
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La ragione moderna (…) ha il vizio della solitudine: manca la condizione stessa, cioè la comunicazione anzitutto e poi la lotta contro altri uomini in carne e ossa. La razionalità moderna è la tela di un ragno solitario, che si avviluppa nella sua rete, che “costringe” lui soltanto, e dove l’ “universalità” e la “necessità” esprimono soltanto un desiderio di dominazione, mentre chi dovrebbe obbedire se ne ride di quel comando.
Giorgio Colli ( da La ragione errabonda, Adelphi)