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Cambiamento | Lab. di psicologia dott. Masoni

Cambiamento

 Ci sono parole prive di fondazioni, di legami col suolo.  Levitano come foglie leggere sospinte dal vento lessicale. Le si utilizza scordandoci che non han quasi peso. Non  hanno la nobiltà generatrice delle metafore. Non suggeriscono altro che se stesse e quel “se stesse” si comporta come un incantesimo sull’intelligenza umana. Una di queste è la parola “cambiamento”.

Dotata di grandi doti allucinatorie questa parola sembra ci riempia la bocca ma se provate a stringerla fra le  labbra ne saggiate solo l’aerea inconsistenza. In parole di questo tipo, notatelo,  verbo e sostantivo vanno a braccetto: non c’ è apparente reificazione: cambiare e cambiamento sono varianti equipollenti.

Ha perfino un contorno di servitù:  “il coraggio” del cambiamento, la “volontà” di cambiare, la “capacità” di farlo ecc..

La variante terrena esiste. Quando cambio una gomma l’unico turbamento che mi assale riguarda il costo della gomma nuova. Se cambio casa la cosa si fa più impegnativa. Se cambio lavoro anche. Durante una corsa posso cambiare passo. Poi lentamente  ci si stacca da terra.

“Ho cambiato idea “ dice il compratore pentito. “Questo tuo atteggiamento deve  cambiare” gridano una moglie o un marito furiosi.

“Dottore ho un problema” dice il paziente impaziente di cambiare.

Ci siamo.

E’ questo il cambiamento che ci riguarda,  è su questo che  negli ultimi decenni è nato il changismo ( cambiamentismo).

Vediamo quando avviene.

Prima il caso semplice.

Se l’evento che ho sempre osservato provando certe emozioni cambia il suo significato, le mie emozioni cambiano. Ma perché inventare parole in più e far coprir di ruggine il rasoio di Occam? Questo è l’apprendimento. Questo significa imparare! Avviene in continuazione: quando scopro che quel segno fatto a forma di tetto con una sbarra che lo attraversa  diventa una A, sto imparando a leggere.

Poi quello sofisticato.

 Se accetto assolutamente l’altro, per esempio prescrivendogli il sintomo, il sintomo evapora. Ottengo il cambiamento chiedendo il non cambiamento. Questo in piccolo.

Se si passa ad una scala più grande potremmo dire: accetta gli altri ( tutti) così come sono e il mondo così com’è. E si starà meglio. Il fatto che, come dice Hillman, dopo cent’anni di psicanalisi il mondo va sempre peggio,  è dovuto forse a un ottuso, insistente, iatrogeno, arrogante, orribilmente diffuso, dire “Cambia!”

m.v.masoni