La mia Africa

Antonucci

LA MIA AFRICA

di Anna Antonucci

 

 

Messaggio su Whatsapp “ Ti posso parlare? E’ urgente..”

Ecco qua, la grana del lunedì.  Finisco la cena e richiamo la collega che, un po’ allarmata, mi riferisce di una rissa scoppiata il sabato precedente in stazione al rientro da scuola. Protagoniste due ragazze senegalesi, una mia alunna di quinta e un’altra della scuola.

Penso ad A., ai suoi modi mai sguaiati, al suo  dolce sguardo  rispettoso, al suo portamento signorile, tipico delle donne di quel paese: sinceramente faccio fatica ad immaginarla accapigliarsi, per di più, con un coltellino, su un

sedare uno screzio per futili motivi e di vederla così, nel bel mezzo di una lezione, lanciare uno zaino con una tale violenza da rischiare di farne le spese; o, anche, non esitare a  fare un occhio nero come premio alla nuova compagna  che si era permessa di apostrofare la sua mamma . “Prof, queste cose nel nostro paese sono molto gravi!” e, dunque, non si bada a spese, ad ognuno le proprie sacrosante ragioni !

“ La cosa è grossa, mi riferisce la collega, l’altra ragazza è una provocatrice, si è presa già delle denunce. Ma stavolta A. ha reagito in modo spropositato,   rischia una denuncia anche lei.. le devi parlare”

Parlare: questo il punto. Per dire cosa? E, soprattutto, come parlare? E quando ?

Accolgo la richiesta della collega e spero che la notte mi porti consiglio.

 

L’indomani non faccio in tempo ad entrare a scuola che incrocio la vice :

“ Sai cosa è successo? Mandami la ragazza  in presidenza: vogliamo fare un confronto fra le due alunne”

Manifesto il mio dissenso sulle modalità: i confronti tra contendenti, se non si è fatto tutto un lavoro preliminare, sono  assolutamente inutili, con i ragazzi che diranno quello che ci si aspetta di sentir dire da loro, magari un riconoscimento delle proprie colpe con finale di atto di dolore e di pentimento. Salvo poi restare assolutamente convinti delle proprie ragioni e ricaderci alla prima occasione.

Ma tant’è: la Scuola deve esprimere una posizione ufficiale.

Ed io mi attrezzo per giocare di anticipo: parlerò con A. Adesso so cosa dirle.

 

Approfitto dei colloqui di tutoring per analisi risultati del 1 quadrimestre per chiamarla subito.

 

Ho la schermata della sua pagella: solo un’insufficienza piena più un’altra a metà.

“ Guarda qui, le dico con soddisfazione, lo sai che questa è la tua più bella pagella di tutti questi anni?”

Sorride soddisfatta. Anch’io.

E continuo: “Peccato….”

A. mi guarda interrogativa.

“Peccato buttare tutto dalla finestra!”

A. sgrana gli occhi “Ma prof, cosa significa??”

“Le notizie circolano rapidamente…. Se parte una denuncia, rischi che tutti questi bei risultati siano vani…”

La vedo irrigidirsi “Scusi prof, ma le cose non sono successe a scuola”

“Non importa - dico bleffando.

“Prof, aspetti che le spiego…”

“No, non voglio sentire niente di più. Se hai fatto quello che hai fatto, avrai avuto i tuoi motivi. Ma a me non interessano. Ti dico solo che, se succedesse ancora , rischieresti grosso”

Sto giocando una carta pesante, quella della paura: so che con lei può funzionare.

Continuo ” Pensa a tutti gli sforzi di questi anni: te la ricordi la tua prima pagella? Io me la ricordo bene! Sette insufficienze, tutte recuperate! E lo so quanta fatica hai fatto a studiare con tre fratellini piccoli sempre tra i piedi e di cui dovevi spesso occuparti..”

Si stringe tra le spalle, abbassa il viso: le scendono grossi lacrimoni. Le prendo le mani e subito alza lo sguardo: incredibile come questi occhi scuri luccichino!

“ Ti fidi di me?”

“Certo, prof!!”

“Allora, ascoltami attentamente. Adesso dovrai andare in Presidenza: là  ci sarà anche l’altra ragazza. Vi parleranno, lo devono fare, e vi ammoniranno sui  comportamenti che avete avuto. Tu ascolta con rispetto. Ma pensa a quello che ti ho detto io.

“Si, prof, grazie”

“Non ho finito: da domani, immaginati come in un corridoio lungo che ha alla fine il tuo esame. Non farti distrarre da altre cose, tantomeno da …. quella! Lo so che è una provocatrice! “

Sorride A., si sente capita.

 

Ed io, qualche giorno dopo, ho l’occasione di capire il motivo della zuffa.

Immaginatevi altri mondi in cui una ragazza, per noi di soli 20,  per loro già donna fatta, a cui si dà spesso incarico di occuparsi della casa e di quattro, fratelli e sorelle, più piccoli.

E se , in sua momentanea assenza,  una persona che lei credeva amica, introduce in casa

un estraneo, un ragazzo sconosciuto, questa ragazza si sente  investita di tutta la responsabilità che la sua condizione di primogenita le impone: la protezione degli altri di casa e del loro buon nome.

E questo lo si fa nei modi dovuti. Anche con le botte.

Altri mondi, qui a casa nostra.