Recensione di Bruna Dighera a "Ragazzi che odiano la scuola"

Copertina bruna

Ragazzi che odiano la scuola

 

Si presenta come un libro “duro” quello di Marco Vinicio Masoni, a partire dal titolo: secco e senza mezzi termini. 

A dirci che uno dei  pilastri del 900, la scuola,  è sotto tiro. Dal di dentro.

E come tutte le cose che non vorremmo fossero così, sarebbe auspicabile  affrontarlo questo libro anziché evitarlo o fingere che non sia stato pubblicato.

Paradossalmente (per restare in affinità con l’Autore) è un libro che  fa stare “bene” a leggerlo: prima di tutto perché si capisce (quasi) tutto e  (quasi) subito. 

Ciò va a  merito dell’Autore, che abdica quasi del tutto agli oscuri e spesso inutili gerghi specialistici e si scusa anche, quando proprio non  può fare a meno di usarli, ma non rinuncia a esprimere un pensiero complesso,  contemporaneo e antico,  sapientemente arricchito  qua e là da  citazioni colte  e utili che evocano percorsi di studio e  di approfondimento padroneggiati con leggerezza.

Come se non bastasse, a volte ci si diverte perfino.

Il punto è che se poi si vuole provare a metterlo in pratica, come peraltro l’Autore invita esplicitamente, si capisce, quasi subito, che non è così facile.

Non perché non sia chiaro e verosimile ciò che Masoni racconta e descrive, ma perché bisogna “applicarlo su di sé” direbbero gli esperti:  dunque per dirla tutta e subito sono prima di ogni altro gli adulti, che siano insegnanti, genitori, educatori, allenatori o terapeuti, che sono  chiamati a cambiare…non il ragazzo evocato nell’intrigante disegno della copertina (che è sempre di Masoni così si capisce subito che non c’è via di scampo), un profilo circondato da grigi muri fittamente scritti (e non, badate bene, ricoperti da scritte) e che guarda attraverso le lenti degli occhiali una striscia sottile di  panorama idilliaco. Intorno al viso fili e oggetti, che non si sa bene se sono dentro o fuori. O entrambe le cose.

Ed è l’inizio di uno slalom tra questioni e interrogativi psico-socio-pedagogici contemporanei, racconti di situazioni emblematiche e problematiche, di  sperimentazioni ed esercizi di auto cambiamento che raccolgono e sfidano con destrezza le vie suggerite dal senso comune  non sempre alimentate dal buon senso. Così, tra gerarchie infragilite, codici di comunicazione indecifrabili, identità necessarie anche quando producono danni, buoni consigli, prediche, ramanzine e minacce punitive inefficaci, fino alla rassegnazione frustrante e auto-assolutoria, gli adulti vengono invitati, sfidati, ma anche affiancati e supportati dall’Autore  a lanciarsi nella discesa dell’interazione educante e a zig-zagare tra  consuetudini che consolidano i problemi e colpi di scena che innovano le relazioni.

Cambiare noi perché possano cambiare gli altri, motivazioni che vengono dopo le azioni e non viceversa, mai confondere il verbo essere con il verbo fare, vedere diversamente per sentire diversamente,  perseguire il  cambiamento prescrivendo il non cambiamento, trasformare i problemi in risorse, le risorse in profezie, le crisi involute nelle lamentazioni in crisi evolute attraverso esperte rappresentazioni sceniche.

Teatro.

Per cambiare.

Parti, sceneggiature, scene, attori e pubblici.

Applauso.

 

Bruna Dighera